Versailles

Poesia

 

Versailles

 

Luigi XVI e Maria Antonietta

«Qui si sta bene, altro che Parigi!».

 

«Louis, ti prego, basta coi ricordi.

Quando sento ripetere quel nome

un brivido mi corre per la schiena

e un tocco freddo sfiora la mia gola».

 

«Ed io riascolto il popolo che strilla:

“Abbasso il re Capeto, a morte, a morte!”».

 

«Pure qualcuno gridò al regicidio».

 

«Non metto in dubbio, ma non l’ho sentito.

Ben altro avevo per la testa, allora…

Senza volerlo ho detto una freddura!».

 

«È l’aria di Versailles, mette allegria».

 

«Compiango Robespierre e il Direttorio,

Fouquier-Tinville e tutta la Comune.

Sono rimasti alla Conciergerie

a vagare pei freddi corridoi

insieme a Sanculotti e secondini».

 

«Quei sanguinari vollero tagliare

i miei capelli, senza compassione».

 

«Ora son ricresciuti tali e quali,

a dispetto di guardie ed aguzzini.

E sono belli come il grano in fiore».

 

«Apprezzo molto la galanteria,

un po’ di vanità ci rende vivi».

 

«Hai veduto, Antonietta, quanta gente?

Ad occhio e croce sono centomila».

 

«Per essere precisi li ho contati:

centotrentottomilasettecento.

Vengono da ogni parte della terra

per visitare i miei appartamenti

e quelli del tuo avo, il gran Re Sole,

che ricopriva d’oro le pareti,

i letti a baldacchino e le credenze».

 

«In quanto a stravaganze il successivo,

Luigi Quindicesimo, fu il colmo.

“Après-moi, le déluge”, recitava.

E tutti a riverirlo, ad ammirare

la gloria fatta a colpi di zecchini.

Col buco che produsse nell’erario

scavò la fossa della dinastia.

Altro che le brioche ai senza pane!».

 

«Non ho mai detto simili eresie!».

 

«Non farci caso, moglie mia diletta.

Che dovrei dire io? M’hanno chiamato

inetto, imbelle, succube, impotente,

solo perché snobbavo i cortigiani

e preferivo pendoli ed automi,

cronometri, orologi e serrature.

La gente non capisce quanto pesa

una corona a chi non l’ha voluta».

 

«O fare la regina controvoglia,

mentre vorresti coltivare un orto,

infornare ciambelle ed allevare

mucche da latte, pecore e pollame.

Essere contadina in un villaggio

della verde Carinzia o del Tirolo».

 

«Nel parco del Trianon, poco distante,

l’avevi costruito in miniatura

quel paesino tanto sospirato,

con mulino, fienili e vaccheria».

 

«Esiste ancora, è meta di turisti».

 

«Andiamoci anche noi, il tempo è bello,

tenendoci per mano, a piedi nudi:

essendo puri spiriti, alla fine,

ci è dato avere il regno che vogliamo!».

 


    Fulvio Di Lieto