In quarta di copertina di questo interessante libro di Marino Freschi leggiamo: «Nella letteratura d’Occidente, e in particolare in quella tedesca – da Goethe, Lessing, Novalis, Hoffmann fino a Meyrink, Rilke, Mann, Hesse, Kafka, Jünger – si delinea uno straordinario itinerario poetico, che intuisce nella scrittura lo strumento, affidato all’uomo nella modernità, per realizzare un’esperienza intima e trasformare la letteratura in una possibilità di illuminazione, tanto in essa il pensiero vivente si intensifica. Nelle opere dei grandi maestri della letteratura tedesca moderna si scorgono sentieri spirituali da loro stessi costruiti, ideati, raffigurati, che conducono a nuovi stati della coscienza dell’essere, a una possibile trasmutazione: l’intreccio tra scrittura ed esoterismo si spinge sino all’identificazione, dove la letteratura è Iniziazione».
Molto toccante la trattazione riguardante Gotthold Ephraim Lessing, dotato di una straordinaria ricchezza culturale, unita a una miseria economica di cui soffrivano molti intellettuali del Settecento. Lessing era coinvolto nell’appartenenze a diverse logge massoniche, in un periodo in cui «le varie società e logge segrete creavano un intrico sempre piú aggrovigliato tra correnti antagonistiche che si accusavano vicendevolmente di essere ispirate dai Gesuiti o dagli Illuminati». Si era interessato anche alla tesi della metempsicosi, delle ripetute vite terrene, incontrando «il tema ineludibile del ricordo, ovvero della dimenticanza di ogni precedente vita». Ne dedusse: «Buon per me che lo dimentico: il ricordo dei miei precedenti stati mi consentirebbe solo di fare un cattivo uso di quello presente».
Particolare risalto è dato, nel testo, a “La via di Goethe”, partendo dalla sua appartenenza a logge massoniche, dalle quali si distaccò nel tempo, ispirato già in gioventú dall’intuizione «di un’esperienza spirituale non ufficiale del cristianesimo, quella praticata dai circoli radicali dei pietisti, influenzata da concezioni emazionistiche, neoplatoniche, ermetiche e mistiche». Gli studi alchemici ed ermetici di Goethe seguitarono negli anni in maniera segreta, e diedero inizio, insieme al Wilhelm Meister, alla sua opera piú importante, che proseguí per tutto il corso della sua vita: il Faust. Gran parte della trattazione di questo libro è infatti dedicata al Faust, a partire dalla visione del Macrocosmo cui «segue la sconvolgente visione dello Spirito della Terra, che annienta Faust, l’uomo della ricerca, che, rinnegati i libri accademici, osa addentrarsi nella pratica magica». Anche in Goethe si affaccia il tema della reincarnazione «come nel frammento del poema Die Geheimnisse (I Misteri) …che in una cornice mistica ci presenta l’ascesa di un giovane e umile monaco su un monte sacro, il Monserrat dei cavalieri del Graal». «Ma il testo piú intrigantemente ermetico – scrive ancora Freschi – è Märchen, una fiaba simbolica nota come La fiaba del serpente verde e della bella Lilia, che conclude a sorpresa ed enigmaticamente le Unterhaltungen deutscher Ausgewanderten, Conversazioni di emigrati tedeschi del 1795. I personaggi sono gli émigrés, quegli aristocratici che avevano abbandonato la Francia rivoluzionaria per rifugiarsi in Germania e che discutono animatamente finché non si accordano di lasciar perdere la politica e di raccontarsi delle novelle». Sostiene Rudolf Steiner che la spiritualità di Goethe si rivela in questa fiaba, che racchiude significative esperienze spirituali dell’uomo moderno. Nel testo si parla in maniera molto approfondita del rapporto di Steiner con Goethe: «Tra gli esegeti piú autorevoli occorre citare l’interpretazione di Rudolf Steiner annunciata in un primo intervento dall’impegnativo e programmatico titolo Goethes geheime Offenbarung, La rivelazione occulta di Goethe», riguardante la Fiaba del Serpente verde e la bella Lilia. «Vedevo – commenta Rudolf Steiner – in essa descritta la via che Goethe percorse dalla contemplazione della natura esteriore all’interiorità dell’anima umana, quale egli se la presentava allo Spirito, non in concetti ma in immagini».
Segue un capitolo dedicato a “Novalis: il primo dei romantici” e al suo idealismo magico. Nei Frammenti il poeta scrive: «Il mondo deve essere romantizzato. …In questa operazione il sé inferiore viene identificato con un sé migliore. …Conferendo all’ordinario un senso elevato, al consueto un aspetto misterioso, al conosciuto la dignità dell’ignoto, al finito un’apparenza infinita, io lo romantizzo».
In “E.T.A. Hoffmann: l’altro romanticismo” Marino Freschi ci introduce alla Schwarze Romantik di Hoffmann, all’«anima nera del Romanticismo, dove nero sta per notturno, misterioso, quale ermetica fase necessaria della nigredo – dell’alchemica “opera al nero” – indispensabile per raggiungere la rinascita».
In “Gustav Meyrink: il Maestro dell’occulto” ci viene presentata la genesi dell’occultismo di Meyrink, dovuta al fallimento della banca che aveva avviato insieme ad un socio e poi da solo: «Nella sua leggenda personale, tratteggiata in un breve schizzo, Il mio risveglio alla veggenza, racconta di quando, disperato, era determinato a farla finita. Aveva il revolver in pugno quando il destino bussò alla sua porta o, piú esattamente, da sotto l’uscio di casa fu infilato un dépliant di pubblicazioni occultistiche. La curiosità fece il resto e cosí iniziò a interessarsi di parapsicologia, spiritismo, occultismo».
Il capitolo “Thomas Mann: il mago” ci descrive la grande capacità di questo autore «di creare storie, racconti, romanzi, partendo – è noto – sempre da episodi reali della propria vita, come fu per esempio per Der Zauberberg (La montagna incantata). Pur non essendo un esoterista né un occultista, Mann «per tutta la vita fu intrigato dal problema del mito e dall’intersezione che il mito poteva avere con l’evoluzione dell’individuo fino all’intuizione del superamento della natura effimera del presente per riannodare gli oscuri e arcaici nodi con il passato, là dove si trovano le radici dell’essere».
In “Rilke e la Terra invisibile” viene evidenziata la natura autenticamente poetica di questo autore «che nella sua opera si confronta con il sacro, rivissuto con intrepida originalità, e anche con il mistero e persino con i fenomeni medianici e spiritistici, che riscuotevano grande interesse nei primi anni del secolo scorso». A Monaco «per anni la scena fu influenzata da Rudolf Steiner, prima in qualità di segretario generale della Società Teosofica tedesca, poi – dopo la rottura con i dirigenti inglesi – come ispiratore della Società Antroposofica che aveva organizzato tra il 1912 e il 1913». Dopo le Elegie e i Sonetti a Orfeo, Rilke scrive la Settima Elegia «che improvvisamente si spalanca all’essere qui, alla bellezza dell’essere qui e comunque, pur nella consapevolezza dell’impermanenza e dell’incombere della morte, che dà piú intensità all’attimo di vita che pur si vive in una pienezza di coscienza, mentre si annuncia l’estrema intuizione, l’ultimo tema, l’illuminazione finale dell’alchemica, misteriosa trasmutazione nell’invisibile, percepito già nella salvifica interiorità, nell’edificazione della vera casa, quella dell’anima».
Il capitolo dedicato a “Hermann Hesse e il viaggio in Oriente” descrive la partenza dello scrittore – che lasciava moglie e tre figlioletti nel villaggio sulla sponda bavarese del lago di Costanza – verso l’India, terra legata ai suoi genitori e al nonno materno, missionario pietista. Un viaggio che fu piú che altro una fuga dall’Europa, e che restò impresso in lui dilatandosi nella sua memoria «anche verso luoghi non toccati, come conferma il libro Aus Indien. Aufzeichnungen von einer indischen Reise (Note da un viaggio in India)». Questa India filosofica e letteraria ha permesso a Hesse di creare uno straordinario sfondo per la sua opera piú importante e conosciuta: Siddharta. Un’India metafisica, immaginata come paradiso, ma come Hesse scrive: il paradiso che abbiamo e vogliamo costruire non è da cercare all’equatore o nei mari caldi d’Oriente, ma in noi stessi e nel nostro nordico futuro».
“Franz Kafka: l’assalto al limite” è il capitolo in cui viene descritta la ricerca spirituale kafkiana pregna dell’ebraismo praghese, del “cultursionismo” che sembra preludere alla sua follia. Egli incontra Rudolf Steiner, ne riconosce il valore, ma non ne trae beneficio perché ha timore della teosofia.
L’ultimo capitolo è dedicato a “Ernst Jünger e Nigromontanus: il maestro dimenticato”. Una via “di puro ardore del fuoco” secondo lo stesso Jünger, “frammenti di poesia e verità”. «Tutta l’opera di Jünger – scrive Marino Freschi – viene a rappresentare un enorme equipaggiamento spirituale cui, prima o poi, si potrebbe ricorrere se si dovesse “passare nel bosco”, ossia continuare, ancorché con sforzo, a usare liberamente le facoltà intellettuali ed emotive, l’estrema risorsa del “pensiero vivente”.
Marina Sagramora
Marino Freschi, L’esoterismo nella letteratura tedesca. Da Goethe a Jünger
Editore Castelvecchi – 19 gennaio 2024
Pagine 200 € 20,00
Link alla presentazione fatta dall’Autore presso la Libreria Rotondi di Roma.