Miti e Misteri dell’Egitto

Sacralità

Miti e Misteri dell’Egitto

Miti e Misteri dell'Egitto

 

Di recente ho potuto approfondire tematiche inerenti i Misteri egizi attingendo direttamente al libro di Steiner dal titolo Miti e misteri del­l’Egitto appartenuto a Massimo Scaligero e da lui stesso donato con de­dica autografa datata settembre 1967 all’attuale proprietario, che mi ha concesso il privilegio di studiarlo in originale. Il testo, pubblicato dai Fratelli Bocca Editori di Milano, fu tradotto per volontà dell’allora direttore della Biblioteca Scientifico-Spirituale della Casa Editrice, ovvero il poeta russofono Rinaldo Küfferle. Nel testo, tratto da 12 conferenze tenute da Rudolf Steiner a Lipsia nel settembre del 1908 intitolate, Miti e Misteri egizi, pubblicato in tedesco come Ägyptische Mythen und Mysterien im Verhältnis zu den wirkenden Geisteskräfte der Gegenwart (O.O. N° 106), Steiner rivela la profonda connessione spirituale della nostra epoca mo­derna con l’Egitto antico e il perché dell’importanza di studiare questa civiltà con la sua profonda saggezza, la sua straordinaria conoscenza delle leggi cosmiche, dei suoi miti, molto significativi per l’uomo moderno. Steiner affronta le esperienze delle Iniziazioni egizie, gli aspetti inerenti all’anatomia e alla fisiologia occulta, le fasi di evoluzione della forma umana secondo la trinità Iside, Osiride e Horus, e conclude con una lezione sul Cristo, riconosciuto come vincitore sulla materia.

 

Sentieri di Iniziazione

 

Da una lettura attenta del testo è possibile dedurre che questo saggio di Steiner ispirò profondamente Massimo Scaligero, soprattutto nella stesura del suo studio titolato Iniziazione e Tradizione, a mia volta ripreso nella pub­blicazione Sentieri di Iniziazione, I percorsi del Cuore edito da Atanor.

 

È sorprendente osservare come Steiner e Scaligero anticiparono tematiche che solo oggi si stanno rivelando come concreti supporti al progresso del­l’umanità, sia in senso sociale sia in quello spirituale. La chiaroveggenza di chi ha saputo utilizzare i corretti metodi della Scienza dello Spirito trova oramai innumerevoli conferme attraverso un modus operandi concreto, verificabile, fortemente operativo, creato appositamente per riscattare l’uma­nità dai demoni della superbia, della brama e dell’egoismo, verso un nuovo tipo umano in formazione chiamato da Steiner “l’Uomo dei Nuovi Tempi”.

 

La memoria iniziatica del passato profusa da Steiner in quest’opera è di grandissimo aiuto per il percorso di ripristino del pensiero libero dai sensi, soprattutto quando esercitata da pensatori che si ispirano a Steiner e Scaligero. Per me ad esempio è stata una vera rivelazione aver saputo interpretare i simboli dell’uomo protoario di 12mila anni fa nel corso di una mia missione speleologica a carattere crittografico presso la Grotta dei Cervi di Porto Badisco, associandoli in modo piú che pertinente ai testi come quello oggetto del mio articolo sui riscontri in età neolitica della Merkava.

 

Leggiamo cosa dice Steiner a riguardo: «Quando l’uomo non era ancora del tutto disceso nel piano fisico, egli poteva apprendere ciò che era stato sperimentato nel mondo spirituale. Lí il candidato poteva conoscere la vera forma di Osiride, di Iside e di Horus. L’Iniziato visualizzava pertanto il contenuto dei miti durante questo viaggio nel mondo spirituale. Poteva quindi a sua volta trasmettere questo contenuto ad altri soggetti dopo averlo rivestito del mito (o saga) appropriato. Egli vedeva tutto questo; visualizzava un modo speciale con cui le influenze di Osiride si erano modellate quando la luna si era ritirato dalla terra; vedeva come Horus nacque da Iside e Osiride; vedeva i quattro tipi umani: il toro, il leone, l’aquila e il vero uomo. Vide anche cosa accadde all’uomo tra la morte e una nuova nascita.

 

Sfinge di Torino

 

La Sfinge gli apparve come una forma reale, la seppe spe­rimentare. Lui avrebbe potuto anche dire: “Oh, ho visto la Sfinge, com’era quando aveva ancora una forma animale, e il suo corpo eterico, simile all’umano, proiettato fuori da questa forma animale!”. La Sfinge è stata una vera esperienza per l’Iniziato d’allora, vivendone il suo contenuto enigmatico. Vide quindi come il corpo si preparava all’animalità, in un momento in cui la testa era solo una forma eterica, la testa eterica della Sfinge. Questa era la verità per l’Iniziato, come lo erano anche le forme piú antiche degli Dei, che avevano preso poi un diverso corso di evoluzione» (da Miti e Misteri d’Egitto – Lezione XI – L’antica dottrina egiziana dell’evoluzione. La visione cosmica degli organi e la loro grossolanità nei tempi moderni – Lipsia 13 settembre 1908).

 

Leggiamo adesso cosa dice Scaligero: «L’asceta dei nuovi tempi deve riafferrare la corrente di Kundalini nel centro delle correnti eteriche della testa, per riportarla nella profondità. Nel tipo umano originario (atlantico), la corrente muove dal cuore; nel tipo umano postatlantico, si accentra alla base della spina dorsale; compito dell’asceta protoario è ridestarla da tale profondità, perché ascenda alla testa. Nel tipo umano moderno, il centro è nella testa, ma impercepibile alla coscienza che si forma mediante la cerebralità: compito dell’asceta è realizzarlo oltre lo schermo cerebrale, per ricondurlo nella sede del cuore: dove già è metafisicamente, non avendo mai cessato di essere. Nel centro del cuore, permane, allo stato latente, fin dal tempo della “caduta”, il germe superumano delle correnti eteriche che congiungono l’uomo con il Cosmo reale, o Cosmo eterico. Conseguito il risveglio del centro eterico del cuore, il dominio delle correnti eteriche è assicurato per la futura riascesa alla sede superiore (M. Scaligero, Tecniche della concentrazione interiore, Edizioni Mediterranee).

 

Occhio-di-Shiva

 

In un precedente mio articolo sull’Ascesi del cuore, ho evidenziato come Scaligero attinga di gran lunga alle conoscenze iniziatiche egizie, parlando in modo velato delle scuole dell’occhio destro, di quel­lo sinistro e dell’occhio centrale di Horus associate alle ghiandole pineale e pituitaria e al centro frontale tra le sopracciglia (occhio di Shiva).

 

Da quanto discusso sino ad ora e dalle stesse citazioni di Steiner e Scaligero, affrontando i temi delle antiche tradizioni come l’egizia, possiamo dedurre che le antiche divinità nei rispettivi Pantheon altro non erano che aspetti dell’unica energia primordiale, o Primo Logos, che agiva nel corpo dell’asceta a livello microcosmico, e che trovavano immanenza cosmica nel macrocosmo-universo (nei simboli cosmici: nel Sole e nella Luna, nei pianeti e costellazioni, nello zodiaco e nelle galassie) in ultima analisi nella mente divina creatrice. Se le divinità erano aspetti dell’unico ente creatore, gli animali sacri viceversa rappresentavano funzioni operative necessarie all’installazione delle divinità nel corpo dell’asceta, intese come aspetti particolari dell’unico ente supremo, che attraverso intera­zioni a carattere fortemente energetico-meditativo (corpo eterico), consentivano la sacralizzazione o spiritualizzazione degli elementi corporali (Theosis), la creazione di uno spazio sacro interiore necessario a raggiungere il Primo Logos.

 

Quindi, tenendo ferme queste verità e proiettandole poi in interrelazione tra differenti tradizioni iniziatiche, come ad esempio quella protoaria e quella egizia, o protoaria e vedica, oppure egizia ed ebraica, è possibile dedurre l’esistenza di un nucleo primitivo di conoscenze iniziatiche, una unità trascendente presente come sostrato energetico-meditativo in tutte queste tradizioni.

 

Illustrazione del Libro dei Morti

Illustrazione del Libro dei Morti

 

Poniamo in essere un esempio concreto di tutto ciò. Sappiamo che il sacerdozio ebraico nacque da una tradizione sacerdotale egizia e produsse, nel corso dei millenni, documentazioni pre­ziose ora consultabili per approfondire questi studi. Da un’attenta analisi dei testi delle Piramidi, del Libro dei Morti (il cui vero nome è Libro per emergere alla Luce), ma anche dei testi mi­stici ebraici complementari alla Bibbia, di tipo prettamente ca­balistico come il Sefer Yetzirah e lo Zohar, nonché resoconti specifici sulle ritualità ebraiche dell’Antico Sinedrio, possiamo dedurre come lo Scarabeo Sacro chiamato Kephra o Kepher sia un agente fondamentale per il raggiungimento dello stadio caba­listico conosciuto come Kether, l’ultima delle sephirot dell’Albero della Vita, che inizia dalla sephira Malkuth.

 

I sacerdoti egizi osservando i percorsi tracciati dallo scarabeo kepher sulla sabbia con la sfera di sterco contenente gli embrioni di vita, e considerando il tempo di schiusa delle larve associato al ciclo lunare, pensarono bene di sacralizzare questo particolare insetto, riconducendolo ad un percorso sacro sulla struttura dell’Albero della Vita cabalistico composto di 10+1 sephirot e dai 22 sentieri.

 

Scarabeo egizio

 

Secondo i canoni delle ritualità egi­zie ben documentati da Steiner in Miti e Misteri dell’Egitto, in questo percorso agiscono differenti divinità apparte­nenti al Pantheon ed agenti attive su differenti livelli della struttura ad albero cabalistico, che possiamo ritenere asso­ciati a precisi schemi psico-energetici noti agli studiosi di Cabala operativa. Approfondirò questo argomento in pros­sime pubblicazioni, quello che ritengo degno di nota in questo articolo è de­scrivere lo schema energetico piú inte­ressante fornito dall’impianto iniziatico egizio, segnato dalla tappa finale del percorso ascensionale dello scarabeo sacro sull’albero della vita (prima della schiusa larvale), ovvero quella di deporre la sfera di sterco portatrice di vita nella sommità dell’albero, all’interno della sephira Kether, dove lo scarabeo Kepher assumerà l’aspetto Kether, ovvero dove la luce del Primo Logos risplenderà dell’intensità maggiore.

 

La divinità tutelare preposta a supervisionare quest’ultima fase è Ptah, colui che trasforma la P di kePher nella T di keTher, in una trasmutazione rituale ontologico-formale dal punto di vista macro­cosmico, mentre sappiamo bene che dal punto di vista ascetico microcosmico vi è stato un enorme lavoro su noi stessi di tipo operativo.

 

Nella cosiddetta Teologia menfita, Ptah appare come un creatore trascendente del creato, che rappresenta una funzione del pensiero operante sia con il cuore (la sua volontà creatrice) sia con le parole di potenza, ovvero con i sacri suoni dei cosiddetti mantram.

 

 

Francesco Corona (Kether)