Il primo approccio con l’alimentazione l’abbiamo attraverso l’istinto.
Mi è stato raccontato, avevo 2/3 anni, che da piccolino osservavo con attenzione il girovagare di alcune formiche, poi me ne cibavo golosamente. Per istinto integravo (diremmo oggi qb: quanto basta) la mia carenza di acido ossalico e formico: ne ebbi solo benefíci.
Oggi che ho acquisito, come tanti, una certa conoscenza intorno all’alimentazione, non sarei davvero capace di una tale misura circa le dosi sufficienti e necessarie.
Il secondo approccio con l’alimentazione l’abbiamo con l’esempio e le tradizioni famigliari: mi riferisco a vino e carne (farmaci e droghe non erano ancora un consumo famigliare per la mia generazione).
Da queste tradizioni (ad esempio “buon vino fa buon sangue”) che condizionano senza che ce ne si accorga, se ne esce per improvvida esagerazione o per autoformazione.
Posso ricordare due episodi esagerati: il primo accadde a mia madre con i troppi fichi colti maturi dall’albero (era ventenne, ma da quella volta non ne mangiò mai più uno e provava avversione alla sola vista), e l’altro a me col vino (già ne bevevo poco) per 3 mezzi bicchieri di sangría presi freschi in una Granada invivibile con 42 gradi all’ombra (tuttora provo avversione al solo odore del vino).
L’autoformazione apre, invece, nuovi orizzonti. Alcuni conoscenti hanno eliminato il consumo di carne per convinzioni ambientaliste o animaliste, altri seguendo il comandamento di non uccidere o un proprio convincimento etico; altri ancora l’indicazione di un Maestro come il Mahatma Gandhi: «La carne non è un alimento adatto all’essere umano. Il nostro errore è comportarci come gli animali inferiori, pur pensando di essere superiori a loro».
Il terzo approccio con l’alimentazione riguarda la mia diretta esperienza legata allo “studio” della Scienza dello Spirito. Già eseguendolo con il dovuto atteggiamento, le modificazioni interiori ed esteriori si possono toccare con mano.
Per quanto riguarda la carne, man mano che procedevo si è spento grado a grado il desiderio di mangiarla: prima la carne di maiale (bistecca, cotoletta ecc.), poi la carne bovina, poi il pollame, penultimi gli insaccati. La cosa buffa fu il tipo di carne che consumai per ultimo: il fegato.
Buffa perché da ragazzino pur di non mangiarla saltavo il pasto per punizione. Adesso, eliminati tutti gli altri tipi di carne… persino mi piaceva. Fu però solo un fuoco di paglia che presto si esaurí, un ricordo di oltre 40 anni fa.
Quanto al vino, venire sapere dallo studio (opere di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero) che suscita in noi “un Io antagonistico”, e che dev’essere “assolutamente evitato” se ci si è impegnati a seguire una disciplina spirituale, persino al grado iniziale dello studio, mi trovava completamente d’accordo, avendo a che fare con amici che non seguono una tale disciplina, ma sono decisamente aggressivi (perché bevitori) nel sostenere le loro ragioni, o con “pensatori trasandati” (anche se blandi bevitori) non appena si esce dalla confort zone della loro specializzazione.
Siamo però nell’epoca dell’anima cosciente che ci chiede, sempre, di osservare, di non giudicare e di sopportare: pure relativamente alla nostra dieta alimentare.
Su carne e vino (dunque anche su vino biodinamico o biologico ecc.) come su farmaci e droghe, ogni indicazione ricevuta da un’Autorità competente o da un amico soccorrevole è solo un consiglio che a sua volta può essere “oro o carta igienica” in base alla nostra scelta individuale: scelta cosciente della quale è (e dobbiamo volere sia) tutta nostra la responsabilità.
Andrea di Furia