Dallo spirito di vino allo Spirito divino

Franco Giovi

DALLO SPIRITO DI VINO ALLO SPIRITO DIVINO

Birreria Dreher Trieste

 

Credo conosciate l’autore di questa nota e se non lo conoscete va bene lo stesso. Inizio col dirvi che costui, come gli amici di un tempo, non lesinava con i vinelli biondi e rossi: vivevamo in una città in cui d’inverno faceva molto freddo e lo spirito del tempo si sposava in allegria con lo spirito ondeggiante in bicchierini, bicchieri, boccali e stiffel. Ricordo con simpatia la birreria Dreher: grandissima, con grandi tavoli dove ci si sedeva con chi capitava: come ho detto in allegria. Dunque non mancavano le sacrosante giustificazioni sociali.

 

Le appassionate letture di testi dell’antica spiritualità e poi, dopo un lungo lavoro di discriminazione, i testi di Rudolf Steiner non sembravano ostacolati dal tintinnio di bicchieri che con solerzia venivano vuotati.

 

Avevo messo su un gruppetto di ricercatori: ci ritrovavamo in uno scantinato, rimesso al meglio, due volte alla settimana: un giorno per la meditazione in comune e l’altro per affrontare le difficoltà dei testi. Una sera, un amico appena tornato da Roma portò la ferale notizia: Massimo gli aveva detto di non bere alcolici! Da quella sera nessuno di noi toccò piú una goccia d’alcol.

 

Difficile? No: fu facile. Serviva solo una spinta, inoltre la fiducia in Scaligero era pressoché assoluta. Poi nel tempo e con la disciplina della concentrazione fu chiaro che la stanzetta che chiamiamo coscienza di veglia deve essere del tutto sgombra e luminosa. Essa di suo è poca cosa tra l’invadenza del percepito, la subcoscienza e tutto quello che si agita ancora da sotto.

 

Il Dottore fu categorico nei riguardi dell’alcol. Qualcuno ricorda che si rivolgeva ai discepoli della scuola esoterica ma noi, cari amici, con la pratica di concentrazione, meditazione e, per quanto possibile, della contemplazione, ne siamo parenti stretti.

 

Per l’operatore l’alcol è veleno. Non moraleggio: con questa sostanza ogni lavoro e la nostra vocazione si infrangono, e si cammina come il gambero. Ciò è semplicemente insensato.

 

Rammento che Massimo diceva che con una sola goccia si torna indietro di parecchio. Le sottili modificazioni che la disciplina tesse nell’anima sino alla stessa corporeità vengono piú o meno cancellate. Queste positive modificazioni provocano effetti riscontrabili. Ci si accorge che il corpo inizia a rifiutare certi cibi, come ad esempio la carne. Non per ideologia: pare piuttosto che lo stomaco la rifiuti con sempre maggiore energia.

 

Non ignoro che molte medicine usate dai seguaci della Scienza dello Spirito sono veicolate da piccole quantità di alcol. in questo caso, un mio valente amico, antroposofo e omeopata consigliava di dinamizzare la medicina. Come? Scuotendo vigorosamente una decina di volte la boccetta col suo contenuto. Inoltre, se vi accorgete che per errore avete ingerito dell’alcol, bevete immediatamente un limone spremuto: combatte l’azione dell’alcol.

 

Queste sono cose pratiche che magari conoscete meglio di me: metto solo a disposizione alcune indicazioni testate nel lavoro di oltre cinquant’anni. Del resto con una prolungata disciplina interiore, vissuta come il piú alto tenore dell’anima, giungono suggerimenti che non sono parole. Scaligero ha sovente affermato che la concentrazione è autocorrettiva: con la pratica succede proprio cosí, e il campo delle autocorrezioni può essere molto vasto.

 

Sull’argomento trattato qui non proseguo: vi invito a leggere il capitolo sulla dieta in Manuale pratico della meditazione di Massimo Scaligero.

 

Pillole

 

Un secondo potentissimo nemico – e non soltanto per l’asceta ma per l’intera popolazione – è l’uso e l’abuso degli psicofarmaci. Questi vengono prescritti fondandosi su un errore (orrore?) di fondo: l’essere umano compresso in una visione unilaterale come fosse un grumo psicofisico e nient’altro. Nel caso di gravi disturbi psichici i farmaci possono temporaneamente arrestare un loop autoalimentato da cui l’ammalato non riesce per l’appunto ad uscirne in nessun modo.

 

Tale somministrazione dovrebbe essere la piú breve possibile nel tempo e accompagnata e poi sostituita da percorsi via via piú salubri sotto la guida di un saggio terapeuta: indico pratiche del movimento e semplici terapie artistiche con scultura, pittura, musica ecc.

 

Purtroppo in genere le cose non vanno cosí. Acquisito l’apparente successo chimico nei cosí detti CSM (Centri di Salute Mentale) si segue poco o pochissimo l’individuo ammalato in maniere diverse oltre le vagonate di tranquillanti che stenderebbero un toro.

 

L’eccedente azione del sistema nervoso che, come dice il Dottore, è un fenomeno del nostro tempo (Conferenza “Nervosità, fenomeno del nostro tempo” – O.O. N° 143) non viene curata con atteggiamenti dell’anima atti a rafforzare la volontà e con essa il veicolo eterico, ma per una sorta di moda nata dalla straordinaria pigrizia che ha afferrato la civiltà occidentale, l’eccitazione disturbante viene semplicemente sedata, persino nei bambini e nei giovani. Stiamo già assistendo ai danni che una simile pratica provoca nelle fasi della crescita e in una maturità che non arriva mai.

 

È impossibile agire individualmente nell’esteriore generale, però l’operatore interiore può rivolgere fiducioso il frutto del suo rito come in una sorta di silenziosa preghiera agli spiriti che seguono con amore il divenire di tutta l’umanità e, cari amici, queste non sono parole vuote: è preghiera che salendo dal cuore viene udita e accolta dallo Spirito.

 

 

Franco Giovi