La cicoria, pianta autarchica

Botanima

La cicoria, pianta autarchica

In quest’ultimo periodo è stato affisso a Roma, per conto e con il supporto di alcuni gruppi capitolini, un manifesto che notifica alla cittadinanza l’approvazione del Regolamento per gli Orti e i Giardini Urbani, un progetto inteso a promuovere la coltivazione di appezzamenti di terreno intra moenia, “per l’ambiente, il decoro e la socialità, per rendere piú bellCicoriai e vivibili i nostri quartieri”. Niente di nuovo sotto il sole. La stessa iniziativa venne presa dal regime fascista quando promosse la gestione degli orti di guerra. Sempre durante il Ventennio, causa le sanzioni che impedivano o rendevano esose le importazioni dei prodotti cosiddetti ‘coloniali’, tipo spezie e affini, le radici della cicoria e del suo parente prossimo, il tarassaco, tostate e macinate, fornirono un ottimo surrogato del caffè. Queste piante, entrambe appartenenti alla larga famiglia delle composite, potrebbero essere confuse, a causa delle loro foglie incise e dentellate piú o meno uguali. Ma si distinguono per i fiori: quelli del tarassaco sono capolini giallo vivo, mentre quelli della cicoria, inconfondibili tra le selvatiche, sono di un tenue azzurro cielo.

L’opzione autarchica si riaffaccia ogni volta che una comunità nazionale o locale affronta un’emergenza socio-economica. Negli anni Settanta ci fu la crisi del petrolio, con misure di austerità particolarmente severe. Ebbene, una benemerita associazione culturale romana, di matrice esoterica, ideò allora di condurre i propri iscritti in siti archeologici e parchi pubblici per farli familiarizzare con piante ed erbe commestibili. Hai visto mai, dovettero pensare i promotori del seminario, tornassero utili peggiorando l’emergenza. Poi la crisi passò, ma quell’andare per cicoria rimase un’opzione sostenibile: ricorrere alla Grande Madre e ricavare dal suo grembo cibo e medicamenti a costo e chilometri zero, visto che la cicoria alligna ovunque un minimo di terra sia disponibile ad accogliere i semi vaganti nei flussi aerei del­l’anemocoro: il vento, agendo da colonizzatore, consente alle specie vegetali di riprodursi.

Che siano orti di guerra, giardini urbani o lezioni sulle erbe commestibili, eliminati gli eufemismi si tratta comunque e sempre di andare per cicoria. Ma il saggio avverte:”Sei sicuro che sia un male?”. A leggere le virtú salutari, nutrizionali e terapeutiche della cicoria si rimane sorpresi se non sbalorditi. Questa composita cresce tutto l’anno, nei climi temperati, dalla pianura ai medi rilievi montani. Fiorisce da giugno a settembre, il periodo in cui mostra la bellezza delle sue cerulee infiorescenze. Ma le foglie vanno raccolte prima della fioritura, altrimenti molte delle sue proprietà si perdono. Qualità che Rudolf Steiner, come scritto da Pelikan, riscontra nella facoltà che ha la cicoria di far collaborare l’acido silicico e i sali alcalini, la sua facoltà di elaborare le sostanze amare estrattive e il carbonio. Senza dimenticare la sua disposizione a secernere un lattice utile alla nostra organizzazione dei liquidi, a interagire con i nostri processi nutrizionali e con le funzioni epatiche e biliari.

Le sue virtú medicinali, specifica Steiner, si esplicano in particolare nell’aiutare con le sue sostanze amare lo stomaco e l’intestino nel loro processo di ridurre allo stato minerale i vari alimenti ingeriti. In questo procedimento gli amari della cicoria attirano il corpo astrale e l’Io verso questo laboratorio digestivo di decomposizione del cibo per regolarne gli umori secreti e convogliarli all’eterico, che provvederà a rivitalizzarli. Via quindi, grazie all’eterico, la mancanza di appetito, la debolezza gastrica, l’eccesso di mucosità negli organi digestivi.

La cicoria, potenziando i costituenti superiori, secerne i suoi amari e con il suo lattice attiva un processo di assorbimento rapido ed efficace. E non è tutto. Si giova delle sostanze amare della cicoria anche la genesi del sangue alla quale partecipa in maniera determinante il fegato. Con gli alcali altamente vitalizzati che produce, la cicoria agisce sul fegato impedendone il blocco, e diluendo il flusso biliare evita lo sviluppo di calcoli. Inoltre, il processo siliceo che si esprime nella particolare sensibilità di questa pianta alla luce solare, da cui la sua tendenza a volgersi sempre al levante, fa sí che agisca sulla fase ultima del metabolismo umano: la genesi delle sostanze che formano le ossa, i muscoli e i nervi. Influenza inoltre i vasi sanguigni delle mucose, della retina, tutto tonificando, migliorando le funzioni specifiche. In associazione con l’antimonite stempera le infiammazioni della cavità addominale, dell’appendice e del peritoneo.

Ecco, in breve, illustrata la relazione delle virtú medicinali e terapeutiche della cicoria con il metabolismo dell’uomo. E allora, con paniere e coltellino, andiamo per cicoria. Tanto, dopo la Grecia tocca a noi!

 

Elideo Tolliani