Tra brughiere e castelli

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Tra brughiere e castelli

Il cervoIn una scena del film “The Queen”, la regina Elisabetta, una superlativa Helen Mirren, uscita per un giro in auto nel parco della residenza reale di Balmoral, in Scozia, rimane in panne con la sua jeep nel greto di un torrente. Intorno, solitudine e foschia, lo sciabordio dell’acqua, l’umidore dell’erba rada lungo gli argini di basalto. La sovrana, carattere forte, è aliena dalle suggestioni magico letterarie di Ossian, di Macbeth, di Walter Scott, e non essendo, lei di ascendenze normanne, dotata della ‘seconda vista’, facoltà paranormale geneticamente accordata agli indigeni scozzesi, per cui possono vedere esseri e immagini nella dimensione eterica, non si scompone quando un cervo si staglia enorme sulla roccia alle sue spalle. E neppure ritiene che possa essere il dio Cernunnos, che nella mitologia celtica assumeva le sembianze di un cervo dalle possenti corna. Per lei, animalista, l’esemplare di fauna locale è solo una preda di lusso che i cacciatori in battuta dall’alba si dannerebbero l’anima per esibirlo come un trofeo d’eccezione nella panoplia murale del circolo venatorio. Nonostante il tentativo di Elisabetta di salvare il cervo, il sacrificio si compie: un colpo lo uccide. La regina lo vedrà più tardi disteso sul pancale del guardacaccia, il foro del proiettile marcare con una minuscola rosa il punto da cui è penetrata la morte. Castello di StirlingGli occhi vitrei spalancati sulla visione di erbe e cielo confusi nella vertigine del­l’ultimo respiro, lo sguardo fisso all’insondabile.

Un’altra regina, secoli prima, in un castello poco distante da Balmoral, a Stirling, aveva fissato lo sguardo, il primo della sua vita, sul mondo in cui uomini, del suo stesso sangue, erano in guerra per il trono e per l’altare, e aveva pianto.Dame e cavalieri a Stirling Maria Stuarda, nell’ultima cappella di rito cattolico in Scozia, aveva pianto mentre il prete le versava sul capo l’acqua lustrale del battesimo e l’incoronava allo stesso tempo regina. Era il 9 settembre 1543. Suo padre, re Giacomo V, era morto sei giorni prima. A Stirling un avviso alla porta grande del castello chiede a chi transita sotto l’arco di pietra grigia di “suonare il corno”. In inglese si usa lo stesso vocabolo horn per il clacson delle auto. La suggestione tuttavia è forte, e chi passa la cruna, automobilista o pedone, viene subito assorbito da un dèja-vecu e trasportato indietro di secoli. Ecco le dame del Castello affacciarsi al Lady’s Lookout, il Belvedere delle Castellane, proteso sulla verde pianura in cui scorre il Forth. Gargouille a StirlingChi sarà mai il cavaliere o il corteo in visita?

Unicorno a StirlingAnche le gargouille aggettanti dalla facciata del Palazzo, sembrano scambiarsi con­getture e pettegolezzi, guatando, esibendo bizzarre fisionomie di arenaria corrose dal vento e dalle nebbie. Anche qui è in corso una caccia, ma ad un animale mitico, l’Unicorno. Nel Laboratorio degli Arazzi, abili mani, non intente a maneggiare spade ma telai, tessono fili multicolori, illustrano scene in cui primeggia l’Unicorno, presente con il Leone, il Cardo e l’Aquila negli stemmi araldici dei reali scozzesi. Creatura mitologica, nell’iconografia cristiana l’Unicorno rappresenta in allegoria il sacrificio del Cristo che, perseguitato e ucciso, redime con il suo sacrificio il destino mortale dell’uomo. In senso araldico esso è inteso come elemento protettivo e di sostegno degli eserciti reali della Scozia. Il candore è inoltre simbolo di purezza e dedizione in amore, per questo veniva spesso usato a indicare l’amor cortese. Nel grigiore ottuso del Castello, un lampo di solare vivezza. Come i cardi viola, spontanei, le viole accese negli interstizi dei bastioni. Oltre il buio della storia umana, nonostante la minaccia che i cannoni di metallo brunito brandeggiano dalle torri merlate. La natura non ne tiene conto, insiste nella sua mania di perpetuare la vita, ovunque, comunque, sempre.

 

Elideo Tolliani