L'orecchio alla serratura

Critica sociale

Nei tempi antichi gli uomini si servivano dei tormenti della ruota. Oggi di quelli della stampa. È un miglioramento, senz’altro. Ma è ancora una cosa molto cattiva, sbagliata, de­moralizzante. Qualcuno (Burke?) definí il giornalismo il quarto potere. Cosa vera allora, indubbiamente. Ma attualmente esso costituisce sul serio l’unico potere. Si è mangiato gli altri tre. I Pari temporali tacciono, i Pari spirituali non hanno nulla da dire, e la Camera dei Comuni non ha nulla da dire e lo dice. Noi siamo dominati dal giornalismo. In America il presidente regna per quattro anni e il giornalismo nei secoli dei secoli. Fortunatamente, in America, il giornalismo ha spinto la sua autorità al limite massimo di grossolanità e brutalità. Come naturale conseguenza, ha preso a creare uno spirito di rivolta. Il popolo ne è divertito o disgustato, secondo gli umori. Ma non sarà piú la vera forza che era. Non è trattato seriamente. In Inghilterra, salvo alcuni ben noti esempi, il giornalismo, non essendo giunto a tali eccessi di brutalità, è ancora un grande elemento, un potere veramente notevole.Orecchio alla serratura La tirannia che si propone di esercitare sulla vita privata dei cittadini a me sembra del tutto straordinaria. Il fatto è che il pubblico possiede una insaziabile curiosità di conoscere ogni cosa, a eccezione di ciò che merita essere conosciuto. Il giornalismo, conscio di questo e avendo propensioni bottegaie, soddisfa la richiesta.

Nei secoli precedenti al nostro, il pubblico inchiodava le orecchie dei giornalisti alla gogna. Una cosa assolutamente esecrabile. In questo secolo, i giornalisti si sono inchiodati le orecchie al buco della serratura. Una cosa assai peggiore. E ciò che aggrava il guaio è che i giornalisti piú biasimevoli non sono quelli divertenti che scrivono per i cosiddetti giornali mondani. Il danno è opera dei giornalisti seri, pensosi, coscienziosi, i quali con solennità, come attualmente fanno, trascinano dinanzi agli occhi del pubblico qualche avvenimento della vita privata di un grande statista, di un uomo che è il maggior esponente di un pensiero politico e il creatore di una forza politica, e invi­tano il pubblico a discutere su quell’avvenimento, a esercitare in proposito la propria autorità, a esprimere le proprie opinioni, e non soltanto a esprimerle ma a tradurle in atto, a imporre all’uomo soprattutto altri scopi, a imporli al suo partito, a imporli al suo paese; in realtà a rendersi ridicolo, offensivo e dannoso. Le vite private degli uomini delle donne non dovrebbero essere raccontate al pubblico. Il pubblico con esse non ha nulla a che fare.

Probabilmente esistono alcuni giornalisti che godono veramente nel pubblicare cose orribili, o che, essendo poveri, fanno affidamento sugli scandali per formarsi una specie di base permanente di reddito. Ma esistono altri giornalisti, ne sono certo, uomini colti ed educati, ai quali dispiace veramente pubblicare tali cose, che sanno quanto sia sbagliato farlo e che lo fanno soltanto perché le incerte condizioni in cui si svolge la loro occupazione, li obbliga a fornire al pubblico ciò che il pubblico vuole, e a competere con altri giornalisti per rendere quanto viene loro richiesto il piú completo e soddisfacente possibile per il volgare palato popolare. Si tratta di una posizione estremamente degradante per chiunque abbia cultura ed educazione, e io non dubito che la piú parte di essi ne soffra intensamente.

 

Oscar Wilde


Selezione da: O. Wilde, L’anima dell’uomo sotto il socialismo, Ed. Feltrinelli, Milano 1995.