Elementi fondamentali dell'esoterismo

Antroposofia

Elementi fondamentali dell'esoterismo

In occultismo, distinguiamo nell’uomo per primo le sue azioni, intendendo per azioni quello che deriva da una qualsiasi attività legata alle sue mani, per secondo il linguaggio e per terzo i pensieri. In questo senso, tutto quello che l’uomo fa con le sue mani contribuisce al karma della sua futura esistenza terrestre. Quello che diciamo non riguarda noi soli, ma un gruppo di uomini che hanno la stessa lingua, e questo agisce sul karma del gruppo o della razza. Nelle parole c’è una responsabilità piú grande che nei singoli atti, perché vi prepariamo la configurazione di una razza futura. Quanto a quello che pensiamo, questo produrrà i suoi effetti quando ci sarà la trasformazione della nostra Terra. Ecco perché distinguiamo tre livelli: primo, l’agire dell’uomo è individuale, salvo per le azioni che nell’uomo scaturiscono dal nulla. Secondo, l’uomo non può parlare per lui solo, le parole concernono un gruppo di uomini. Terzo, i pensieri concernono tutta l’umanità.

C’è ancora qualcosa d’altro. Quando agiamo, siamo soli dietro le azioni. Quando parliamo, non siamo del tutto soli nelle parole. Dietro le nostre parole collabora un’entità spirituale, Essa sta in quel momento dietro di noi. Come è vero che le parole da noi pronunciate si riflettono esattamente nell’Akasha, è altrettanto vero che con ogni parola che pronunciamo interveniamo nel corpo di un essere spirituale che è incarnato nella materia dell’Akasha, nella quale passano le nostre parole. Dobbiamo considerare tutto questo nel nostro sentire, e per questo dobbiamo stare molto attenti alle nostre parole. Quando pensiamo, apparentemente siamo soli in noi stessi, invece esseri di natura spirituale cooperano ai nostri pensieri: esseri di un genere ancora piú elevato e piú importante di quelli che cooperano al nostro linguaggio.

In queste cose vive piú di tutto la storia universale. Molte cose si spiegano con questo. Osserviamo un pensiero in noi. Angelo del pensareDietro questo pensiero sta un’entità spirituale. Se ci immaginiamo rinchiusi da ogni parte dal corpo di una entità spirituale, il pensiero è allora l’espres­sione del corpo di questa entità spirituale che agisce in noi. Ogni volta che un’entità attraversa la nostra anima come un lampo, è un’impronta, una specie di traccia del passo di un’entità spirituale superiore, come quando camminiamo su un suolo umido dove lasciamo delle tracce e diciamo: “un uomo è passato di qua”. Questa entità spirituale è fatta della stessa sostanza del pensiero. In noi, il pensiero può diventare l’impronta di un’entità spirituale superiore, solo perché l’entità superiore ha un corpo fatto della stessa sostanza dei nostri pensieri.

Quando il nostro piede lascia un’impronta sulla terra bagnata, l’impronta è un negativo, una replica del nostro piede. Succede lo stesso con i nostri pensieri. Nel Mondo spirituale superiore c’è una replica, l’equivalente di ogni pensiero. L’immagine e la sua replica sono uniti come, per esempio, un sigillo e la sua impronta. La sostanza è l’entità spirituale superiore e corrisponde, nella nostra immagine, al sigillo. Ora, nella misura in cui il pensiero corrisponde al sigillo, lo si chiama intuizione, mentre per l’impronta si parla di pensiero astratto. Quando si pensa si può dire: percepisco le tracce di quello che accade nei mondi superiori. Il termine “sigillo” è utilizzato in questo senso in alcuni scritti religiosi, per esempio nell’Apocalisse di Giovanni. Ciò corrisponde alla realtà. Ogni parola è ugualmente l’impronta di un sigillo, perché un essere superiore contribuisce alle nostre parole. I mistici chiamano questo una replica della parola “Immaginazione”.

Abbiamo dunque tre livelli di pensiero: intuitivo, immaginativo e astratto, quello cioè del pensiero ordinario. Quando l’uomo evolve maggiormente, quando il pensiero astratto stesso evolve fino al livello in cui sono incarnate le entità che collaborano quando si parla, allora l’uomo è un “chelā, un discepolo occulto. Essere Maestro vuol dire agire nella sostanza nella quale sono incarnate le entità che cooperano nei nostri pensieri. L’immaginazione dà l’immagine. Per questo, una volta, i grandi Istruttori delle religioni parlavano per immagini, perché è l’immagina­zione che dà l’immagine, non il pensiero astratto. In tutte le religioni si parla per immagini. Per l’uomo, l’immagine è dapprima ciò che è subordinato, ma quando l’uomo sa rifare un’im­magine di ogni pensiero, allora è arrivato a un livello superiore. È la condizione che precede un genere di percezione del tutto nuovo. È effettivamente importante che l’uomo evolva al fine di non pensare soltanto astrattamente, ma di avere ogni volta i suoi pensieri in immagine.

Come regola generale, l’uomo forma semplicemente dei pensieri. L’uomo che segue uno sviluppo superiore deve pensare per immagini, e questo vuol dire “immaginare”. Questo termine contiene già quello di cui si tratta: grazie ad un certo potere, imprimere qualcosa in un dato (immaginare).
ImmaginazioneNella fantasia del poeta e dell’artista troviamo solo un debole riflesso di questa immaginazione. Quando un uomo che cerca di evolversi parla, cercherà, in particolari occasioni, di avere l’immagine davanti a sé. Da ciò derivano nelle scritture religiose quelle grandi e possenti immagini. Colui che s’innalza a questa produzione di immagini è arrivato al livello delle entità spirituali che creano le razze. Colui che sviluppa in sé non soltanto delle immagini ma delle intuizioni, non crea soltanto delle razze, ma è co-creatore della prossima esistenza planetaria. Nelle immagini risuonerà l’eco di quello che sarà stato realizzato sulla Terra, ma colui che crea partendo dall’intuizione crea qualcosa che non c’è ancora, che non è ancora realizzato da nessuna parte; questo vuol dire che egli crea partendo dal Nirvāna. È il concetto base di tutta l’Apocalisse: quello che sarà reale in avvenire si può creare solo partendo dall’intuizione.

Con il pensiero astratto si crea un riflesso di ciò che è. Al contrario nell’immaginazione l’uomo si lascia fecondare dallo Spirito che lo struttura nella sua interiorità, cosí che possano apparire delle realtà nascoste che sono nate grazie alla fecondazione delle entità spirituali superiori; allora sul piano astrale si possono vedere queste entità spirituali superiori. A condizione di sviluppare in precedenza un linguaggio che non sia l’espressione di pensieri astratti, ma l’espres­sione di immagini. Per questo anche i medium si esprimono in immaginazioni, in immagini e simboli, ma lo fanno inconsciamente. Lo Spirito che sta dietro di loro dà forma ai simboli. Il discepolo occulto lo fa in piena coscienza, senza che per questo ciò sia arbitrario. Si lascia allora fecondare dallo Spirito.

Nello stesso modo in cui, analogamente, l’uomo s’innalza alla creazione di immagini e di intuizioni, il mondo esterno ha agito prima della sua esistenza, nel senso che, dato che tutto quanto ci circonda è di entità minerale, quindi di natura puramente fisica, vi agiscono delle intuizioni in quanto forze creatrici. Esteriormente, il cristallo è come si mostra ai sensi; ma è stato creato da intuizioni. Dietro tutto il mondo fisico vi è un cosmo delle intuizioni e inoltre un essere: lo Spirito planetario che produce le intuizioni. Dietro ogni linguaggio agiscono gli esseri dell’immaginazione, agisce lo Spirito delle razze. E lo stesso livello spirituale collabora in tutto quanto è vivente: dietro ogni pianta agisce l’immaginazione. Dietro di esse sta un’entità spirituale. Tutto quello che è cosciente e senziente, al contrario, è nato dallo stesso pensiero.

Guardate adesso l’Universo, prima sotto il suo aspetto fisico: la Terra, il Sole, la Luna, le stelle, la Via Lattea ecc. Dietro tutto questo vi è un grande Spirito intuitivo. È lo stesso Spirito che si esprime nelle nostre azioni; è anche dietro tutto l’Universo. Il cristianesimo lo chiama “il Padre”. Siccome è anche poco conosciuto, lo si chiama anche “il Dio sconosciuto” e, nella letteratura teosofica, “il Primo Logos”.

Il VerboLo Spirito dell’immaginazione sta dietro tutto quello che è vivente. È lo stesso Spirito che coopera anche al nostro linguaggio, ed è per questa ragione che la religione cristiana lo chia­ma “Il Verbo”. Con questo si intende qualcosa di molto preciso e reale. Questo Spirito, che sta dietro tutto ciò che è vivente, agisce ancor oggi nel nostro linguaggio, in ognuna delle nostre parole, ed è dunque a giusto titolo che lo si chiama “il Verbo”. Un’altra denominazione è “il Figlio” oppure “il Cristo”. È lo Spirito che vive in quanto immaginazione in ogni forma di vita.

In seguito ci eleviamo a quello che è cosciente, a quello che ha un grado qualunque di sensazione, di coscienza, tutto quello che è animale ed anche quello che c’è di animale nell’uomo. Questo lo si può già afferrare con l’aiuto di pensieri. Ognuno ha questo in sé. Quello che si svolge nell’animale, si svolge dapprima nell’in­teriorità dell’uomo: è la coscienza astratta. Nel pensiero astratto vive nell’uomo anche ogni coscienza del mondo. L’uomo chiama questo “lo Spirito” quando è in lui; se questo agisce al di fuori, nella natura che crea, egli lo chiama “Spirito Santo”. Questo è alla base di ogni sensazione, di ogni coscienza. La malattia può apparire solo nell’esistenza separata. Lo Spirito, in quanto tale, non può essere ammalato, salvo quando è incarnato in corpi inferiori. La parola “santo” vuol dire “essere sano”, intero; esprime che lo Spirito che fluisce da fuori, nell’universo, è sano.

Lo Spirito Santo non è nient’altro che lo Spirito completamente sano; per questo, colui che si unisce realmente allo Spirito Santo ottiene la forza di guarire. Bisogna realmente che questa forza abbia qualcosa a che vedere con lo Spirito Santo che irraggia in tutto l’universo.Guarigione con imposizione delle mani Il vero guaritore è lo Spirito che agisce da un essere umano all’altro.

Guardiamo adesso il piano fisico. Vi troviamo dapprima quello che per­cepiamo con i sensi. Il grande Spirito intuitivo sta dietro. Ha fatto tutto ciò che esiste fisicamente. Lo Spirito Padre, il primo Logos, sta dietro tutto quello che vive nella pura forma, ciò che può essere percepito dai sensi. Quando guardiamo tutto questo, non lo cambiamo. Ma invece un cambiamento si produce quando agiamo. Allora, noi non cambiamo soltanto quello che è al di fuori nel mondo, ma anche le forze che agiscono al di fuori nel mondo. Nel momento in cui agiamo, produciamo un cambiamento sul piano fisico. Ma dietro questi cambiamenti risiede anche il cambiamento della forza fondamentale che corrisponde al primo Logos. Noi l’influenziamo con le nostre azioni, e questo resta, è presente, e questo non passerà, salvo che non venga eliminato dalla stessa forza che l’ha fatto nascere. Il cambiamento che nelle grandi intuizioni universali è provocato dalle nostre azioni, è quanto ci coinvolge di nuovo sotto forma di karma. Quando si guarda il karma, quello che attira di nuovo l’uomo verso il mondo fisico si chiama rūpa. Lo si chiama rūpa (forma, corporeità) perché l’uomo l’ha compiuto nella rūpa, con il corpo, con il suo essere esteriore. Creiamo nel corpo, nella rūpa, quando agiamo in base alle intuizioni esteriori.

Il secondo campo, nel quale oggi l’uomo non è ancora del tutto indipendente perché c’è un altro Spirito che collabora, è la parola. Parlando, lasciamo delle impronte in un mondo dietro il quale non c’è soltanto il fisico ma la vita. Nel mondo della vita, le immaginazioni di cui parliamo restano: sono le forze modellanti che creano le nuove razze. La nostra attuale razza è stata creata partendo da quello che stava dietro le parole delle razze anteriori. Questo è stato incorporato nella nostra razza. Bisogna d’altronde prendere in considerazione in qualunque cosa tutto ciò che è immaginazione. Questo ci dimostra che con le nostre parole suscitiamo delle impressioni nel regno del Figlio, del secondo Logos. Esse ritornano in quanto karma collettivo di tutta la razza. Perché noi non creiamo da soli la parola, ma lo Spirito della razza vi collabora. Qual è la base di questo particolare karma? Dove agisce lo Spirito della razza? Lo Spirito della razza collabora nel sentimento dell’uomo, penetra tutto il mondo del sentimento. È là che risuona l’eco di quello che l’uomo ha in comune con il suo gruppo.

Ciò che agisce in un senso ben piú ampio sul karma è il sentimento = vedanā. Dunque, in primo luogo rūpa, la corporeità; in secondo luogo vedanā, il sentimento. Per l’uomo che non è ancora diventato un chelā, il sentimento è qualcosa di molto importante per la percezione del secondo Logos e per tutto ciò che è vivente. La scienza vuole guardare l’animale e la pianta senza considerare la vita. Anche il piú grande sapiente, oggi, non può comprendere la vita che grazie al suo sentimento. Non è ancora abbastanza progredito. È solo la comprensione immaginativa che lo rende capace di penetrare la vita con lo sguardo.

Al pensiero corrisponde nell’ambiente tutto quanto prova delle sensazioni, tutto quanto ha una coscienza. Tutto questo condivide con noi una cosa: la percezione. Se siamo capaci di percepire il mondo fisico esteriore come un mondo di colori e di suoni è perché sappiamo trasporlo in pensieri. Riceviamo la percezione, ci riflettiamo sopra. Se non ci fossero pensieri nelle percezioni, la piú grande follia dell’uomo sarebbe quella di volersi forgiare dei pensieri a questo soggetto. Se le percezioni non fossero state prodotte dai pensieri, i pensieri sarebbero delle pure illusioni. Le nostre percezioni possono essere compenetrate perché sono per prima cosa costruite dai pensieri, che esterniamo in seguito come leggi naturali, le quali non sono altro che pensieri: sono lo Spirito creatore, lo Spirito Santo. La percezione è la frontiera fra i due: in essa i nostri pensieri toccano all’esterno i pensieri creatori. Dunque, con un pensiero che abbiamo, non possiamo agire sulla vita bensí su tutto ciò che è cosciente, ciò che, al di fuori, è lui stesso pensiero.

Con i pensieri, noi lasciamo delle tracce in tutte le entità spirituali che hanno creato la coscienza. I pensieri che l’uomo sviluppa sulla base delle proprie percezioni, e tutto ciò da cui egli elabora pensieri, agiscono a loro volta su quanto rende necessarie le percezioni. In terzo luogo distinguiamo dunque la percezione, o sanjnā, che è ciò che agisce in terzo luogo sul karma.

 

  • Con tutte le nostre azioni provochiamo delle azioni che ritornano in quanto karma, perché interveniamo nel mondo intuitivo: rūpa.
  • Con tutte le nostre parole, interveniamo nel mondo dei sentimenti creatori, creando con questo dei sentimenti che ritornano attorno a noi: vedanā.
  • Con quello che pensiamo a proposito delle percezioni, interveniamo in tutto il mondo dei pensieri esteriori: sanjnā.

 

Quello che percepiamo attorno a noi non esisterà piú quando ritorneremo sulla Terra. Per questa ragione, tutto quello che pensiamo del mondo delle percezioni non potrà esercitare alcuna influenza sull’incarnazione futura; avrà una forza produttrice di karma solo in questa incarnazione. Il pensiero agisce sul nostro attuale carattere.

Quello che scaturisce dal sentimento, ciò che ha essenzialmente a che fare con le persone che ci circondano, quello che entra nel mondo dell’immaginazione, ci ritorna nell’incarnazione successiva, in modo che ciò appaia in noi stessi come inclinazioni e all’esterno di noi come occasioni. Le occasioni del mondo, che costituiscono il destino, per cui la disposizione è dovuta al karma, si denominano dunque inclinazioni. I pensieri formano il carattere, le inclinazioni chiamano karmicamente le occasioni. Quanto alle azioni, esse ci portano il destino esteriore, cioè tutte le condizioni fisiche nelle quali l’uomo nasce. Ciò che compiamo veramente con rūpa, la nostra corporeità, è il nostro reale destino, che ritorna karmicamente verso di noi.

L’uomo può coscientemente creare delle inclinazioni per le sue future incarnazioni solo se si eleva all’immaginazione. Qui sta il segreto dell’azione dei grandi fondatori di religioni ben oltre la loro epoca. Le immagini che hanno dato agli uomini hanno fatto sorgere delle inclinazioni per le incarnazioni successive. Ogni immagine che viene deposta nell’anima, appare nel mondo dei sentimenti dell’essere umano. O l’uomo arriva da solo a simili Immaginazioni, oppure le riceve da una guida. Le abbiamo noi stessi se abbiamo preso in mano tutta la nostra vita del sentimento; è il caso dell’allievo di occultismo. Egli sente come si propone di percepire; i fondatori di religioni si occupano del resto dell’umanità. Una religione è il mondo del sentimento delle future razze; può dunque perire esteriormente, perché essa continua a vivere nelle inclinazioni degli uomini.Samskara Oggi vi sono le inclinazioni che sono state inserite nell’umanità nel XIII e XIV secolo. È importante che le immagini materialistiche del tempo presente non mettano radici nel cuore degli uomini, perché nei tempi che verranno, se ciò non è compensato con delle rappresentazioni spirituali, esse doteranno gli uomini delle piú brutali inclinazioni, volte unicamente verso il mondo dei sensi.

Le passioni e i desideri provenienti dall’immaginazione vivono nell’uomo. È ciò che egli desidera = samskāra. Tutto ciò che negli uomini è intuitivo, i grandi impulsi che egli riceve dai piú grandi Iniziati, sono a dire il vero quanto supera il karma dei fatti. Colui che si eleva alle intuizioni propriamente dette penetra attraverso il mondo fisico fino allo Spirito Padre. Colui che accede alla conoscenza intuitiva può agire sul karma effettivo. Inizia a ridurre coscientemente il proprio karma.

Solo gli esseri che sono coscienti come lui appaiono comprensibili all’uomo ordinario. Se egli arriva all’im­maginazione, la vita stessa gli diventa comprensibile; se arriva all’intuizione, può penetrare fino alle forze intuitive.

L’uomo può agire sul suo karma nella misura in cui accede lui stesso all’intuizione, oppure deve riceverla da parte dei grandi Iniziati sotto forma di grandi Comandamenti. Si chiama vijnāna la coscienza necessaria per superare il karma. Rappresentiamoci ora l’uomo che, nel mondo, vive, agisce e muore. Quando è morto, qualcosa di lui resta comunque in questo mondo: è ciò che egli ha incorporato al tessuto di questo mondo. Si tratta di rūpa, vedanā, sanjnā, samskāra e vijnāna. In un certo senso è il suo conto: rūpa, il destino personale; vedanā, il destino del popolo nel quale è nato; sanjnā, il fatto stesso che sia nato su questa Terra. Partecipa­no inoltre per la loro azione: samskāra, il desiderio e vijnāna, la coscienza. Sono i cinque skandha.

Ciò che si dà all’esterno, al mondo, resta nel mondo sotto la forma dei cinque skandha. Sono la base della prossima esistenza. Sono gradualmente meno attivi quando l’uomo ha sviluppato coscientemente uno degli ultimi. Piú ha coscientemente in suo potere vijnāna, piú sarà in suo potere di incarnarsi coscientemente in un corpo fisico. A dire il vero, gli skandha sono essenzialmente identici al karma.

 

1. rûpa corporeità, azioni

2. vedanā sentimento

3. sanjnā percezione

4. samskāra desiderio

5. vijnāna coscienza necessaria per superare il karma.

 

Rudolf Steiner


Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner

Berlino, 12 ottobre 1905 ‒ O.O. N° 93a. Traduzione di Angiola Lagarde.